Prendo spunto da quelli che ormai sono comunemente, e purtroppo, detti i
fatti di Roma e dal post di
Angelo per una breve riflessione.
Sono più che altro pensieri sparsi, visto che, sinceramente, non saprei proprio da quale parte aggredire questa tigre messa in moto dalla crisi globale che continua a guardare dall'alto la società mondiale.
Anzitutto, come scrivevo a commento del post di Benuzzi, io distinguerei chi, a viso scoperto, getta uova contro la vetrata di una banca o di una finanziaria, e chi, a volto coperto, lancia pietre contro le forze dell'ordine. Gettare un uovo è un gesto di disprezzo, un modo di gridare la propria rabbia, delusione, in modo che tutti capiscano; è un gesto forte, ma resta un gesto non violento, tranne che per quell'addetto alle pulizie che dovrà andare a pulire. Gettare un sasso contro qualcuno è invece un gesto violento perché colpisce un essere umano che, per quanto spregevole e pericoloso possa essere è pur sempre un mio simile.
Questa distinzione io la capovolgerei e direi anche: chi
mi getta addosso la sua idea, anche se dialetticamente con violenza, resta una persona da rispettare; chi
mi getta addosso il suo interesse, nascosto (come sotto un cappuccio) sotto forma di legge di mercato, di imposizione giuridica ecc., non mi sfiora con un dito, ma mi colpisce cento volte di più dell'altro, perché è una violenza subdola, di cui ti accorgi solo quando ormai le conseguenze sono palesi.
Questo, a mio avviso, è quello che è accaduto in Italia e nel mondo. Un movimento di gente subdola che ha fatto in modo che noi ci svegliassimo un giorno e ci trovassimo a non avere più niente: né soldi, né idee, né un nemico.
Perché è importante sapere che esiste un nemico, sapere con chi ci stiamo confrontando, quali sono le sue armi, le sue mosse. E invece ci siamo accorti che la guerra era già persa senza aver neanche saputo di aver combattuto.
Questo però non ci giustifica, perché in questi anni non abbiamo saputo leggere i segnali che una guerra era in atto; o meglio non abbiamo voluto leggerli, perché eravamo più comodi così: come chi pensa che in fondo sta capitando ad altri (in Africa, nel terzo, quarto, quinto mondo, in un sud qualsiasi) e a me non succederà mai. E invece è successo e noi ora ci siamo svegliati nella cacca più totale.
Ma quali armi abbiamo noi ora per combattere? e non parlo delle pietre, ma delle uova.
C'è un banner al'inizio del post (che ho messo anche sotto il titolo del blog) che recita una frase di Gramsci:
L'indifferenza è il peso morto della storia. Siamo stati anestetizzati e questo ci ha reso indifferenti alla realtà.
Ma ripeto la domanda: quali armi abbiamo? Sinceramente non lo so, perché qualunque risposta mi do', mi sembra parziale, insufficiente, inadeguata davanti alla complessita ed enormità di ciò che ha portato alla situazione attuale.
In tutti i movimenti, specie quelli progressisti, si sono sempre scontrate due correnti di pensiero:
massimalismo e
riformismo. Per semplificare: chi voleva tutto e subito, e chi era convinto che bisognasse costruendo un'alternativa alla rivoluzione violenta con riforme graduali.
Togliatti scriveva:
Il massimalismo si potrebbe definire una forma singolare della disperazione politica, perché chi si trova impotente di fronte ad una situazione di ingiustizia pensa che solo un evento starordinario e improvviso possa risolvere la situazione. Questa strada, continua Togliatti, non è praticabile perché è una
manifestazione di insofferenza ma
non un atto efficace.
Ma d'altra parte anche il riformismo ha le sue pecche quando è facilmente preda di uomini e movimenti che indirizzano le scelte di chi giustamente protesta verso soluzioni insufficienti e spesso peggiori del male che si vuole combattere. Pensiamo solo al fatto che politicamente Berlusconi viene fuori per riempire il vuoto lasciato dal suo amico Craxi, morto da delinquente ricercato e in esilio e divenuto, proprio grazie all'attuale premier, un santo (tanto è vero che ormai gli si intitolano strade e piazze). E Craxi era l'esponente di spicco proprio del riformismo socialista più becero.
Allora dove sta la soluzione? Qual'è il modo di affrontare la situazione?
Non sono un conoscitore profondo della politica, né un sociologo, né ho la competenza culturale e la capacità di analizzare tutti i dati per farmi un quadro preciso del momento.
So', come tutti, che le cose sono degenerate, che i poteri forti (politici, economici, finanziari, spesso anche religiosi -pensiamo alla reazione del vescovo che in tutto quello che è successo pensa solo all'atto "blasfemo" di rompere una statua di gesso raffigurante un personaggio biblico) stanno facendo il bello e il cattivo tempo dappertutto nel mondo e che non permetteranno mai volontariamente a qualcuno di prendere il loro posto e raddrizzare la situazione. So' che chi spacca una vetrina fa male, ma so' anche che chi tira un uovo fa bene.
E allora, non rinnego sicuramente il mio essere non-violento, ma mi rendo anche conto che la rabbia per ingiustizie planetarie possano sfociare in reazioni inconsulte, specie quando qualcuno soffia sul fuoco, come suol dirsi. E d'altra parte la non-violenza è eminentemente reattiva, richiede sempre spirito di vigilanza e capacità di andare al centro del problema per trovare la soluzione più appropriata.
Forse (e dico forse) il nemico più pericoloso da battere in questo momento è proprio
l'indifferenza, instillata pian piano nelle nostre menti e nelle nostre coscienze.
E intanto stasera
è ora di lottare.
TIM